Il bacino idrogeologico


Quando è avvenuto il crollo dell'apparato vulcanico che ha originato la caldera, i sottostanti sedimenti marini autoctoni sono anch'essi sprofondati formando una concavità impermeabile, di tipo argilloso, la cui morfologia è stata ricostruita nella unita "carta del substrato impermeabile". Come si vede dalla carta, tale substrato potrebbe raggiungere il livello del mare nella parte centrale.
L'impermeabilità del substrato è localmente interrotta dalle numerose e grandi fratture che si sono formate a seguito del crollo calderico, indicativamente illustrate nelle sezioni geologiche alle pagine 9 e 62.
All'interno della concavità formata dal substrato impermeabile si è ammassato un immenso quantitativo di materiale vulcanico fratturato, sfuso e poroso. Gli interstizi fra i frammenti rocciosi sono occupati da acqua piovana, formando così una grande falda d'acqua potabile, della quale il lago di Bolsena è la parte affiorante.
La porosità di una roccia è data dalla percentuale di spazio interstiziale esistente all'interno del suo volume complessivo. Ad esempio un'arenaria presenta dello spazio fra i granuli di sabbia che, pur toccandosi fra loro, non combaciano perfettamente, oppure in una roccia compatta la porosità è data dallo spazio esistente fra eventuali microfratture.
Gli spazi interstiziali sono generalmente comunicanti fra loro, per cui le rocce porose, sono anche permeabili e l'acqua può scorrervi attraverso, se spinta da cause esterne di varia natura.
La conca formata dal substrato impermeabile, che delimita e contiene la falda acquifera è molto più voluminosa del lago ma, per quanto riguarda la quantità d'acqua contenuta nella parte non affiorante, bisogna considerare che nel lago il volume occupato dall'acqua è pari al 100%, mentre nella falda l'acqua occupa solo la parte interstiziale, che è una piccola frazione, forse il 10%, dell'intero volume.
In condizioni statiche la superficie dell’acqua si disporrebbe secondo un piano perfettamente orizzontale, sia sul lago che all'interno delle vulcaniti, ma la situazione non è statica: infatti la pioggia rende dinamico il sistema, creando un flusso d’acqua, superficiale e sotterraneo, che migra, scendendo dal versante appenninico verso il mare.
I livelli sotterranei dell'acqua sono tracciati nella "carta idrogeologica" (o delle isopieze), costruita registrando sulla medesima il livello dell'acqua, rispetto al livello del mare, di numerosi pozzi non in produzione (livello statico), trivellati per fini irrigui o potabili, congiungendo con linee i livelli aventi uguale quota.
L'esame della carta delle isopieze è molto interessante. A nord del lago si nota che la falda acquifera raggiunge la quote di 460 metri, nettamente superiore a quella del lago che di trova a circa 305 metri. Vi è quindi un flusso ipogeo dalla falda verso il lago che spesso si manifesta e conclude con sorgenti superficiali e subacquee. Non molto diversa è la situazione ad est e ovest del lago. A sud invece le isopieze degradano verso il mare con quote inferiori ai 300 metri, fatto che secondo alcuni ricercatori (Fioravanti) lascia supporre la possibilità di un deflusso d'acqua dal fondo del lago.
La linea che unisce i culmini piezometrici costituisce una sorta di spartiacque sotterraneo, la cui parte interna assume il nome di bacino idrogeologico. Il bacino idrogeologico, ha una superficie di 342 kmq mentre bacino idrografico (imbrifero) ha una superficie di 271 kmq, superficie del lago inclusa.
Il volume della falda non è di grande interesse ai fini dello sfruttamento idrico in quanto si tratta di un volume di acqua non disponibile. Infatti, mentre nelle normali falde sotterranee è possibile sottrarre acqua, fino a prosciugarle in attesa che si ricarichino quando torna la pioggia, nella falda del lago ciò non è possibile, perché la quota del lago non può scendere che di pochi centimetri se si vuole evitare l’emergere dei fondali di fronte a Marta ed il prosciugamento della parte iniziale dell’emissario.